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lunedì 16 maggio 2011

Una vita di corsa (cap.III)

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Correre è piacevole, ma a lungo andare logora…
Corriamo così tanto che vediamo i nostri “amici” solo in rapidi flash e ogni volta hanno qualcosa di diverso, qualcosa che non capiamo a livello cosciente, un nuovo look, una nuova ragazza, una nuova auto, un nuovo hobby, un nuovo problema...  In realtà è solo il tempo che passa.

Per questo le amicizie sono sempre più virtuali, gli dedichiamo solo i ritagli di tempo che ci vengono concessi dalla corsa per il pane. Comunichiamo (nel senso canonico del termine) sempre meno e sempre più velocemente.
In chat non c’è tempo per elaborare concetti, per assaporare stili di pensiero o crearne di nuovi. In effetti gli ultimi 30 anni sono tra i più poveri di correnti di pensiero e stili di vita di tutto il millennio. La cosa positiva è che col tempo sembra che le cose peggiorino, almeno non siamo ancora sul fondo….
Si parla ormai solo di cose futili, facezie, ovvietà, pensieri comuni: Il calcio in tutte le sue salse, la politica e le “cose” che vorremmo o che siamo finalmente riusciti ad avere. Stiamo cambiando perfino la nostra lingua per esprimerci sempre più velocemente la lingua di scrittori, cantanti e poeti viene costantemente triturata e sminuzzata alla ricerca dei modi più veloci di comunicare. I “nn”, i “ke”, i “TVTB”, i “3MSC”, gli “IMHO”, i “LOL”, massacrano ogni giorno l’ arte di saper comunicare. La grammatica sempre meno conosciuta dagli autoctoni che non sanno più nemmeno come e quando usare gli articoli, gli aggettivi eccetera. Comunichiamo come se stessimo sempre compilando una denuncia fiscale, pura e semplice trasmissione di dati. Le emozioni, il sale della vita, non trovano spazio nella comunicazione quotidiana.
Si è persa col tempo anche la capacità di elaborare concetti propri, una coscienza “globale” detta il pensiero che deve essere di comune accezione su, praticamente, ogni cosa. Il politicamente corretto è dettato da oscuri poteri e tutti si adeguano. Si contesta perché fa tendenza, non serve proporre alternative, basta inventare slogan ad effetto. Non serve valutare possibili compromessi o vagliare proposte, basta ottenere consensi. In pratica, la saga della disinformazione controllata. Recentemente ho intervistato gruppi di studenti in manifestazione a Milano per la tanto contestata “Riforma Gelmini”, non entro nel merito della Riforma in se, non è mio compito e non ho qualifiche per farlo, ma il dato che é emerso é davvero sconfortante (a livello sociologico). Circa il 90% degli intervistati non sapeva neppure perché manifestava: “…mi hanno chiamato e sono arrivato…” ha risposto qualcuno, “perché vogliono rovinare la scuola…” è la risposta più accreditata, ma nessuno ha saputo rispondere alla domanda successiva: “In che senso?” A questa domanda qualcuno ha farfugliato delle ovvietà da volantino stampato, altri hanno liquidato più facilmente (all’ italiana…) la questione con un’ arrogante (o ignorante?): “Informati!!!”
Parlo di quello che ho vissuto in prima persona, ma questa voglia globale di contestazione di cui è molto malato il nostro mondo, non scaturisce da una corrente di pensiero o da pensieri propri sviluppati fino al climax della filosofia; nasce dalla moda del momento, seguendo un disegno preciso, globale e ritmico, quasi prevedibile.
Lasciamo ad altri il compito di pensare per noi perché noi ci dobbiamo concentrare sull’ essere produttivi.
Possiamo davvero chiamarci “LIBERI” ???

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